ASSAPORA UN RESIDENTE
Suggestioni:
Oramai sei uno degli ultimi. Indigeno e sopravalutato: sei solo un residente, e non hai da offrirmi nulla di diverso che chiunque altro. La tua storia, le tue passeggiate e se hai una bella giornata delle battute stupide. Esatto. Non hai i soldi che credi io abbia, solo perché abito nella città più bella del mondo. Tutto qui è caro, e io sudo forte il mio amore per rimanere. Mi sono arricchito in passato sì, ma ora verso in miseria. Miseria di tasca e miseria d’anima ahimè, perché, in realtà , lo sento, non vorresti parlarmi né darmi spiegazioni. Sei diverso, non sei nato qui, non capisci il dialetto, eppure pretendi che tutto ti sia immediatamente rivelato. Sei arrogante quanto me, a proporre soluzioni e additarmi come inadeguato al privilegio che ho di veder questa meraviglia oggi. Ti fai vanto di conoscer quei due tre versi del poeta che ne ha scritto, di questa città, e che io ovvio non rammendo. Ma chi sei tu? Dico. Chi sei tu per criticare e non comprendere. Se non fossimo così tesi , ti sei detto, pensi che sarebbe rimasto ancor qualcosa di quel che vedi?
Si chiama paradosso turistico ed è un diavolo: crea il conflitto dell’ospitalità, trasformandola da genuina a forzata e innescando dinamiche difensive e brutture relazionali che emergono per contrasto e si mescolano inevitabilmente nel caos di voci che vorrebbero parlarsi e invece si escludono a vicenda.
Un circolo vizioso dove la mono-economia turistica porta i residenti a vedere i turisti non più come persone, ma come fonti di reddito; e questi ultimi rispondono inevitabilmente a tono. Il tempo è breve per soggiornare e capire, che ne serve di più per scavalcare questo muro. Sono scontri di esistenze, di categorie interne, dove ognuno ripara il proprio diritto, calpestando quello altrui. Ho diritto ad esistere qui. E conoscere. Chi o cosa vorresti conoscere? Come vorresti esistere? A chi hai teso l’orecchio? A cosa si rivolge il tuo sguardo?